Quarantena. La vita che respira.

Capocciate al muro.

Non poter uscire per fare le cose più elementari dopo tanti giorni è tremendo.
Non poter vedere, toccare e abbracciare le persone che amiamo, è anche peggio.
Condividere lo stesso spazio tutti i giorni per un tempo che sembra non finire mai è tostissimo.
La scuola online, per chi la sta gestendo, è un delirio.
Gestire rapporti in uno spazio chiuso, che siano con adulti, bambini o adolescenti, animali domestici, senza avere mai scappatoia fa drizzare i capelli.
La legittima preoccupazione, a volte disperazione, per chi rischia di perdere il lavoro o sta comunque vedendo sforzi e sacrifici di anni andare in fumo, è un incubo senza fine.

Ma. C’è un ma.

La pelle, senza smog, tensione, trucco, artifici, poche ore di sonno, è tornata luminosa.
Il cervello, senza necessità di correre sempre oltre un carico accettabile, è tornato creativo.
Il carattere, senza il vizio di reagire alle situazioni che una dietro l’altra si accavallano, è tornato ad essere quello vero.
I talenti, non più sacrificati al “prima il dovere” ma messi al servizio di una nuova organizzazione della giornata, tornano ad esplodere.
Le passioni e i desideri, anche se non immediatamente realizzabili, tornano riconoscibili.
La strada percorsa fino a qualche settimana fa, la modalità dei nostri passi, la reazione agli avvenimenti, le decisioni prese, sono finalmente chiare e analizzabili.
La nostra casa, anche se non per tutti, è il luogo in cui esprimere un tempo di qualità e non il parcheggio dove fare il pit stop fra una corsa e l’altra.

Il tempo si è dovuto fermare per forza.

In una pausa da tanti invocata in tutte le lingue del mondo e che mai abbiamo trovato il coraggio di prenderci. In un attimo tutti gli incubi si sono concretizzati: separazione, limitazione della libertà, paura per la propria salute e per quella dei nostri cari, paura per il futuro, paura del silenzio, a volte paura della vicinanza di chi vive con noi, paura di perdere il lavoro, il sostentamento. La routine, mai messa in discussione, è un perenne alibi che ci mette al sicuro da ogni cosa. Facciamo, facciamo e facciamo ancora lasciando che quello che ci circonda inizi a definire quello che siamo.

Improvvisamente ci ritroviamo fragili, esposti, dipendenti da altri.

Abbiamo l’obbligo di fermarci, fidarci, essere una comunità a distanza. Eppure mai così vicina. E fuori dalle nostre case il mondo continua a girare, il tempo passa, il clima cambia, le stagioni si alternano, noi adulti diventiamo ancora più adulti e gli anziani ancora più anziani. I figli crescono ancora più velocemente. E’ necessario dargli un senso a questo tempo che non sapremo quando finirà. Ed è necessario farlo non solo per non buttar via giorni a tutti gli effetti parte integrante della nostra vita ma perché sarà importante ricordarsi di queste sensazioni quando ci sarà il 3,2,1,… ripartiamo!
La foga di recuperare rapporti, clienti, libertà, abitudini importanti e superflue credo ci travolgerà. Ma mi auguro di riuscire a percepire, quando arriverà il momento, quello che ho imparato in questi giorni.

Le mille e più sfumature delle espressioni dei miei figli.

Il loro modo di in cui hanno accettato con gioia ma anche con difficoltà, la presenza quotidiana e continua dei loro genitori a casa. Il modo in cui il sole la mattina taglia il salotto. Il caffè preso con calma. La mia ora per me facendo quello che più mi va di fare (all’alba perchè dopo aiutame a di aiuto!). Potermi chiedere cosa mi renderebbe felice oggi e nel futuro. Raccogliere le margherite che spuntano in giardino e metterle in un vasetto. Preparare da mangiare con amore e fantasia. Riconoscere che anche se li amo, i membri della mia famiglia a volte non li tollero proprio. Sapere che ho bisogno di un’ora di ginnastica al giorno. L’organizzazione della giornata, nella quale è necessario che ognuno trovi spazio con gli altri e senza gli altri. La bellezza della solitudine. La soddisfazione dell’aver utilizzato finalmente tutto quello che c’è in casa (si, anche le attrezzature per la cucina delle quali ignoravo l’esistenza), l’amore per il mio lavoro o meglio, per una parte di quel lavoro fatto in un certo modo. L’importanza di alcune persone, quelle che ti mancano sulla pelle e sotto pelle. La cura per il corpo, che ospita tutto quello che siamo e un occhio in più alla salute, ora che abbiamo capito che non siamo intoccabili.

Il tempo si è fermato eppure non si è fermato affatto.

E’ solo che in un tempo scandito in questo modo è la vita stessa che respira. E in quel respiro, forse, qualcosa ce l’ha suggerita. Non voglio fare l’idealista, so che sarò tirata dentro lo sprint che ci coinvolgerà tutti con entusiasmo. Ma scrivo queste parole, per ricordarmi, quando le rileggerò, che la mia vita, il mio tempo, il mio spazio, oggi hanno un valore che non vorrei mai più dimenticare.

 

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