Siamo quello che facciamo?

“Quali sogni, quali speranze, quali disperazioni ci spingono a fare ciò che facciamo, solo per svanire dopo che l’azione è compiuta? Perché motivazione e causa son sempre così vuote, perché nascono di notte e svaniscono in fretta al mattino, dissolte dalla luce delle conseguenze? Ciò che facciamo nella vita continua a vivere dentro di noi, molto tempo dopo che ambizione e timore giacciono freddi e opachi su spiagge dimenticate. Ciò che facciamo nella vita, più di quanto diciamo o pensiamo, è ciò che realmente siamo”.

(L’Ombra della Montagna, Gregory David Roberts)

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Di tutte le parti che ho sottolineato nel libro che ho letto sotto l’ombrellone questa estate, quella che ho riportato qui sopra è senza dubbio quella che più di ogni altra mi ha lasciato pensieri da affrontare. E’ davvero così? Perché se lo fosse allora diventerebbe impossibile nascondersi dietro le mille e più giustificazioni e favolette che ci raccontiamo quando non sappiamo come sostenere il peso delle nostre scelte (o non scelte).

Libero arbitrio, anche davanti alle scelte difficili. Soprattutto davanti a quelle. E momento della vita in cui le facciamo. Perché le scelte non sono, individualmente, sempre quelle giuste o quelle sbagliate. Sono quelle che facciamo in un particolare tempo della nostra esistenza e pertanto giuste in quel preciso momento.

Devo fare così. Non ho alternativa. Non ce la faccio. Non posso. Io non sono così ma…

Lo faccio anche io, di continuo. O forse lo facevo spesso e adesso un po’ meno, perché anche se con difficoltà sto imparando a fare scelte oneste sempre, chiamando le cose con il loro nome. Anche quando fanno male, anche quando sono difficili. Sono espressione di una mia chiara volontà. E questo le rende, quasi sempre, sostenibili. Fermo restando che la vita è così dinamica da poter cambiare le carte in tavola da un giorno all’altro rendendo quello che abbiamo reputato corretto in un certo momento, totalmente lontano da noi il giorno dopo.

Tornando a quelle frasi del libro… mi sono venute in mente mentre le leggevo, le scene di quando spinta dall’alcol, da un’arrabbiatura o altra grande emozione, mi sono lasciata andare a cose dette o fatte, per poi vergognarmene la mattina successiva, imbrigliata dentro maglie della razionalità. Ripudiando quei comportamenti e parole che forse, in fondo, erano incredibilmente onesti.

Lo facciamo anche da sobri o semplicemente quando cerchiamo di dominare gli impulsi. Tutta la carica esplosiva proveniente da una qualsiasi scintilla si placa e rientra davanti alla necessità di affrontarne le conseguenze. Ed è lì il sottile confine fra ciò che potremmo essere e ciò che realmente siamo.

Mi sono raccontata tantissime volte e in varie occasioni che non ero così, che ero capace di meglio, che ero più forte, che “la prossima volta sarebbe stato diverso”, che era solo questione di tempo. Che era l’ultima piccola deroga prima di iniziare un percorso che rispecchiasse di più quella che dicevo di voler essere. Perché l’immagine che avevo di me e che ho tutt’ora, così come le aspettative di un certo tipo di vita e di equilibrio emotivo, sono quelle che si elevano proprio oltre tutte quelle giustificazioni alle scelte temporanee dettate dalla necessità o dal caso.

Ma non è così. Sono d’accordo con il contenuto di quelle frasi del libro. Noi non siamo quello che pensiamo o quello che diciamo. Siamo quello che facciamo, che scegliamo in ogni istante della nostra vita. Ed è così perché per quanto assurda o complicata possa essere una scelta, siamo i soli a determinarla. E lo facciamo scegliendo il male minore, o il maggior tornaconto, o la crescita personale, o la soddisfazione di un bisogno, o la necessità di gratificarsi, o da un bisogno economico, o dalla paura. Ci sono sempre gli effetti collaterali… scegliamo noi quali possiamo sopportare.

L’amore non è a parole, l’amicizia non è a parole, l’impegno nel lavoro, nella famiglia, verso sé stessi e il mondo che ci circonda, non è a parole. Né è reale nelle intenzioni. Quello che siamo, o la parte di noi che prevale su tutto il resto, è esattamente quello che decidiamo e che di conseguenza facciamo, scegliendo in ogni momento l’ordine delle nostre priorità.

E se tutto questo è vero allora il maggiore investimento che possiamo fare per noi stessi è quello di imparare ad ascoltarci senza menzogna, di imparare a conoscerci, ad amarci per quello che siamo così da indirizzare quelle scelte verso un cammino che ci consenta di essere, o almeno provare ad essere, felici.

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